La pratica di bruciare residui vegetali, ramaglie e sterpaglie resta molto diffusa in Italia, sia tra privati che in ambito agricolo, per lo smaltimento dei resti di potatura o della pulizia annuale di giardini e campi. Tuttavia, questa azione, oltre a comportare rischi ambientali significativi e possibili sanzioni, è soggetta a chiari divieti temporali e territoriali dettati da leggi regionali e ordinanze comunali. Il rispetto di tali regolamenti protegge non solo la salute dell’ambiente e delle persone, ma anche il patrimonio naturale messo a rischio dagli incendi e dall’inquinamento.
Normativa nazionale e regionale: chi decide cosa e quando
Se da un lato esiste una normativa nazionale che vieta la combustione indiscriminata di materiale vegetale per motivi ambientali, la competenza per l’applicazione di restrizioni specifiche spetta generalmente alle Regioni e, in molti casi, agli stessi Comuni. Le disposizioni tengono conto delle condizioni climatiche locali e del rischio di incendi nelle varie stagioni.
Le Regioni possono delimitare periodi precisi di divieto, mentre i Comuni possono intervenire in caso di condizioni meteorologiche particolarmente secche o a rischio. Ad esempio, in Sicilia per il 2024 è stato proibito accendere fuochi dal 15 maggio al 31 ottobre in aree vicine ai boschi, ai terreni agricoli o lungo le strade, proprio per evitare incendi durante le stagioni più calde e siccitose. In Piemonte invece il divieto di bruciare residui agrari va dall’1 novembre al 31 marzo, seguendo le direttive della legge regionale 15/2018 e il Piano sulla qualità dell’aria nel Bacino Padano. In Puglia, la bruciatura è vietata dal 1 giugno al 30 settembre, con alcune eccezioni controllate fuori da questo periodo, sempre evitando giorni di vento intenso o temperature estreme.
Rischi ambientali e sanzioni
Bruciare sterpaglie o ramaglie fuori dai periodi consentiti può avere conseguenze particolarmente gravi. Oltre al rischio diretto di innesco di incendi boschivi — frequentemente segnalato dalla Protezione Civile — vi sono anche problemi relativi all’inquinamento atmosferico. Le polveri sottili e altri inquinanti sprigionati dalla combustione possono infatti peggiorare la qualità dell’aria e generare rischi sanitari per le popolazioni vicine. Le misure adottate a livello regionale e comunale si inseriscono dunque in un contesto di tutela ambientale e di sicurezza pubblica.
Le sanzioni per chi non rispetta i divieti possono essere rilevanti: si va da multe amministrative fino a sanzioni penali in caso di danno grave all’ambiente o alle persone. In Piemonte, ad esempio, la legge regionale prevede multe che possono superare i duemila euro per le infrazioni più gravi.
Quando è permesso bruciare: eccezioni e regole pratiche
Non tutti i periodi dell’anno sono dunque uguali: esistono finestre temporali in cui la bruciatura controllata è possibile, spesso limitata alle pratiche agricole necessarie. Tuttavia, anche in questi periodi, vi sono limiti stringenti come la distanza minima da edifici (solitamente almeno 50 metri), l’obbligo di sorveglianza costante del fuoco e il rispetto di condizioni meteorologiche favorevoli (niente vento forte o temperature eccezionalmente elevate).
Vanno rispettati anche vincoli relativi alle quantità: la combustione deve riguardare solo piccoli cumuli di materiale vegetale prodotto localmente, senza trasformarsi in una vera e propria attività di smaltimento rifiuti, che in Italia è regolata da norme molto più stringenti.
Regioni e periodi di divieto più comuni:
- Sicilia: Vietato dal 15 maggio al 31 ottobre.
- Puglia: Vietato dal 1 giugno al 30 settembre.
- Piemonte: Vietato dal 1 novembre al 31 marzo (intero Bacino Padano).
- Altre regioni: Ogni Regione e alcuni Comuni possono emettere ordinanze specifiche; è essenziale verificare sempre le disposizioni locali aggiornate.
Pratiche alternative e buone norme agricole
Bruciare i residui vegetali non è l’unica soluzione, e spesso nemmeno la più sostenibile. Esistono pratiche agronomiche alternative che permettono di valorizzare i residui organici senza ricorrere al fuoco. Il compostaggio, ad esempio, trasforma ramaglie e foglie secche in prezioso humus, migliorando la fertilità del suolo e limitando l’emissione di sostanze inquinanti. Anche la cippatura — ossia il taglio dei residui in piccoli pezzi tramite apposite macchine — consente di restituire materia organica al terreno e di ridurre i volumi da smaltire.
Dal punto di vista agronomico, lasciare che i residui vegetali si decompongano naturalmente restituisce nutrienti al suolo e ne aumenta la capacità di trattenere acqua. Questa pratica, utilizzata da secoli, oggi è tornata in auge per il suo basso impatto ambientale. Diverse amministrazioni locali, inoltre, sostengono economicamente l’acquisto di biotrituratori per incentivare la gestione circolare del verde.
Buone pratiche consigliate:
- Praticare il compostaggio domestico delle potature e delle foglie.
- Utilizzare la cippatura per ridurre il volume dei residui e favorire la pacciamatura.
- Informarsi sempre sulle ordinanze comunali e i bollettini di rischio incendi della Protezione Civile.
- In caso di necessità di bruciatura, operare solo all’interno dei periodi consentiti e mai con vento forte o in prossimità di strutture.
Cosa rischiano le piante e il suolo
Bruciare residui vegetali apporta ben pochi benefici al suolo: contrariamente a quanto si crede, la cenere ricavata dal fuoco contiene sì alcune sostanze fertilizzanti, ma la combustione elimina molti altri elementi utili e sterilizza la microflora del terreno, impoverendone la fertilità. Inoltre, il calore eccessivo può danneggiare gli organismi benefici e rendere il suolo meno produttivo nel tempo.
Le piante del giardino o le colture possono anche essere esposte a danni indiretti, come la diffusione di malattie veicolate attraverso fumi o residui non ben smaltiti. Inoltre, piccoli incendi sfuggiti al controllo rappresentano un pericolo per interi ecosistemi, abbattendo la biodiversità e alterando il ciclo naturale del suolo. Per questi motivi, l’adozione di pratiche agronomiche più sostenibili è fortemente raccomandata sia dalle istituzioni europee che italiane, come suggerito anche dalle nuove direttive ambientali e dagli incentivi dedicati agli agricoltori responsabili.
In conclusione, conoscere e rispettare i periodi di divieto di bruciatura dei residui vegetali è fondamentale per tutelare l’ambiente, evitare multe e gestire in modo intelligente le risorse del proprio giardino o campo. Consultando le disposizioni del proprio Comune o Regione e adottando le pratiche consigliate, si può contribuire concretamente alla salvaguardia del territorio e della salute di tutti.